Nel silenzio operoso del calciomercato, mentre le piazze si accendono di voci e suggestioni, l’Avellino lavora con metodo. Senza proclami, senza fuochi d’artificio. Il ritorno in Serie B impone lucidità, e il club irpino sembra averlo compreso. Il calendario si farà attendere ancora, la Lega aspetta il verdetto dei ricorsi legati al caos Brescia, ma a Partenio si guarda già avanti. Alla sostanza.
In questa fase, il lavoro del direttore sportivo Mario Aiello sta prendendo forma con discrezione. Tra i primi volti nuovi destinati a vestire il biancoverde c’è quello di Giovanni Daffara, portiere classe 2004, in arrivo dalla Juventus con la formula del prestito. Un’operazione costruita sull’asse Torino-Avellino, rinsaldato in queste settimane dopo la trattativa di gennaio che ha portato Palumbo alla corte di Biancolino. Un segnale non secondario: la Juventus guarda con attenzione a chi lavora bene. E l’Avellino, evidentemente, gode oggi di credibilità.
Daffara è tutto fuorché una scommessa. È un progetto tecnico di lungo corso, cresciuto nel settore giovanile bianconero dopo essere stato notato nella Biellese a soli 15 anni. Da lì in avanti, un’ascesa costante, senza salti nel vuoto ma anche senza mai alzare il piede dal pedale. Allenamenti a Vinovo, poi l’inserimento nella Next Gen, dove è diventato titolare già al secondo anno in Serie C. Un percorso scandito da solidità e personalità, qualità rare in un ragazzo di vent’anni.
Fisico da numero uno, 194 centimetri, ma con una reattività quasi felina, Daffara si è guadagnato un posto nelle gerarchie juventine. Non solo nella teoria, ma nei fatti: tre convocazioni con Allegri nella scorsa stagione, iscrizione nella lista Champions e ora la chiamata di Igor Tudor per la tournée americana, in compagnia di Garofani, Di Gregorio e Pinsoglio. Un premio, sì, ma anche un’investitura.
Chi lo ha visto giocare lo sa: dietro quell’etichetta un po’ comoda di “baby Buffon” si nasconde un portiere moderno, tecnico, freddo. Migliorato nel gioco coi piedi, cresciuto nella gestione emotiva della gara. Decisivo, spesso, quando il contesto attorno traballava. Un portiere che para, guida, tiene. Che respira il campo.
Ora lo attende l’Irpinia. Una piazza che sa riconoscere il sudore e la verità. E che potrà rappresentare per lui molto più di un trampolino: un banco di prova, forse, ma anche un’opportunità concreta di misurarsi con il calcio dei grandi.
L’obiettivo, inutile nasconderlo, è tornare a Torino. Non più da apprendista, ma da protagonista. Il viaggio è appena cominciato. E se sarà all’altezza dei sogni, nessuno potrà dire che sia arrivato per caso.